“IL VERO TESORO”, MESSA IN SCENA DI UNO SCRITTO DEL SARNELLI

Città di Bisceglie                                         Commissione Diocesana Feste Patrionali

Nell’ambito delle iniziative culturali programmate per la Festa Patronale Anno 2010, a circa trecento anni dalla prima rappresentazione, si è pensato di ristampare e mettere in scena l’opera teatrale “Il vero Tesoro” scritta da Mons. Pompeo SARNELLI, Vescovo di Bisceglie, nel 1708.

 Venerdì 6 agosto, ore 20,00 , Bisceglie, Via Marconi (Teatro Garibaldi)

CONFERENZA STAMPA E PRESENTAZIONE della RISTAMPA e MESSA IN SCENA DELL’OPERA TEATRALE “IL VERO TESORO”

 INTERVENTI PREVISTI

Francesco Spina, Sindaco di Bisceglie: La politica culturale dell’Amministrazione Comunale

Francesco Amoruso, Assessore al Centro Storico: Attualità della politica sarnelliana: il recupero della memoria storica tra formazione e coinvolgimento dei cittadini

Vittorio Preziosa, Presidente della Commissione Feste Patronali: Le iniziative culturali della Commissione

Don Mauro Camero, Parroco e Rettore della Cattedrale, L’attività pastorale di Mons. Sarnelli

Antonio Iurilli, Ordinario di Letteratura Università di Palermo: La ristampa de “Il vero Tesoro”

Paolo Todisco, Regista: La messa in scena de “Il vero Tesoro”

Presentazione del prof. Antonio Iurilli Università di Palermo

 C’è tutto Pompeo Sarnelli nella pur esile pièce teatrale che un’indomita quanto sorvegliata filopatria ci restituisce, a distanza di tre secoli, in questo lindo libretto ancora fresco di stampa, mentre, nella città a lui cara, il tradizionale, fantasmagorico mélange di luci e suoni, rinnova, puntuale da secoli, la memoria, storica e religiosa, dei santi patroni. Una coincidenza, questa, che riannoda ancora una volta, con colta sensibilità, lo stretto legame fra il Vescovo per antonomasia della Città e il culto dei tre Santi.

Un percorso rievocativo auspicato e sostenuto fermamente dal Sindaco della Città di Bisceglie, Avv. Francesco Spina, che con  tenacia si è proposto sin dall’inizio del proprio mandato di valorizzare la cultura cittadina, così eminentemente rappresentata dal Ministero Pastorale e dall’attività letteraria del Vescovo Pompeo Sarnelli.

Un’intuizione che ha trovato nella Comissione Diocesana Feste Patronali e nell’infaticabile operato del suo presidente, il Cav. Vittorio Preziosa, il braccio operativo che ha consentito di offrire ai biscegliesi, e più in generale al patrimonio culturale condiviso, un ennesimo caposaldo dell’identità di un popolo, espressa attraverso le tradizioni secolari e la pratica di una fede immutata nei propri Protettori.

Lunga e paziente è risultata la fase di studio e di ricerca degli scritti del Sarnelli, che ha condotto alla pubblicazione del volumetto “Il Vero Tesoro”, la cui rappresentazione scenica è stata affidata al regista Paolo Todisco.

Anche questa “operetta villereccia”, come egli stesso la definisce nel frontespizio, è, infatti, toccata dalla grazia poematica del serio ludere, condotta da Sarnelli all’insegna del topos oraziano del «miscere utile dulci», con disinvolta ubiquità fra i territori del moralismo cattolico e delle bizzarrie barocche. Come spesso fa nella sua sterminata produzione letteraria, il Vescovo di Bisceglie gioca, fin nel frontespizio, con se stesso e con il lettore innanzitutto nascondendosi dietro un ingegnoso nom de plume anagrammato, uno dei tanti che obnubilano scientemente la sua identità di autore: Epompo Marselli. Ma non mi sembra nemmeno casuale il fatto che il titolo riecheggia vistosamente una inquietantemente ironica opera del napoletano Giulio Cesare Croce: Il vero e pretioso tesoro di sanità nel quale si contengono secreti mirabilissimi, e stupendi per sanare quanti mali possono venire alle persone, e stroppiare quanti sani si trovano al mondo.

Sta di fatto che le circa novanta pagine stampate a Napoli nel 1709 (ma lo stesso autore, nel suo Diario, le dice stampate a Benevento l’anno prima) ci consegnano, con la fragranza di una scrittura apparentemente naive e nella forma collaudata della commedia in sciolti assonanzati, un sapido e avvincente intreccio fra storia e leggenda, fra narrazione agiografica e spumeggiante drammatizzazione efficacemente modellata sui canoni della commedia regolare con inserti propri della commedia dell’arte. Siamo, insomma, ricondotti da questo occasionale divertissement comico nel cuore dell’ideologia culturale di Sarnelli, la stessa che ritroviamo nel suo variegato corpus storiografico-erudito, e nella sua stessa, inquieta identità di ecclesiastico e d’intellettuale immerso nel tempo lungo e controverso della Rinascenza nel Mezzogiorno d’Italia.

Costruendo intorno al fulcro della diegesi agiografica (il rinvenimento dei resti mortali dei santi) una salace dialettica (retaggio degli alterchi propri della satira umanistica fra kalodaemon e kakodaemon) fra il demonio polimorfo e l’angelo in veste di pellegrino, fra chi tenta di sviare quel pio recupero e chi neutralizza per volere divino il malefico disegno, Sarnelli dilata con sapienza drammaturgica quella dialettica a una gustosa girandola di personaggi: dai Romiti ai protagonisti dei due coloriti intermezzi. Ma centrale è la figura di Cienzo, vera macchietta tolta alla commedia dell’arte, il cui linguaggio sentenziosamente napoletano, argutamente barocco, icasticamente malizioso, ci riporta ad un altro aspetto della cultura letteraria del Vescovo di Bisceglie: quella della scrittura fiabesca e dello sperimentalismo in vernacolo.

La compresenza nelle pagine della commedia della sacralità del rinvenimento e della comicità delle situazioni che ne contornano il compiersi documenta, sul versante della scrittura teatrale, la stessa strategia culturale che presiede al suo esercizio di storiografo: la riduzione della storia (o della leggenda intesa come storia) a susseguirsi di eventi straordinari secondo uno schema narrativo al limite del romanzesco che si prefigge di nobilitare l’eziologia del culto e la terra stessa che ne è teatro e custode.

Per questo la pièce inizia con un dialogo fra Bisceglie e Sagina, fra la figlia e la madre, fra il passato glorioso e il presente che tenta di riviverlo esemplarmente, e si conclude, umanisticamente, con una cantabile laus civitatis, alla quale Dio ha voluto riservare il dono del rinvenimento del Vero Tesoro, ovvero delle reliquie dei santi patroni.

In fin dei conti è proprio Bisceglie la protagonista dell’operetta. Nel clima fortemente clericalizzato in cui si compie l’esercizio pastorale di Pompeo Sarnelli, la fama della città non si misura più con le sue ascendenze greche o latine o con la vetustà dei monumenti, bensì con la capacità che la comunità cittadina manifesta di rinvenire e conservare l’alfa della sua stessa identità religiosa, fino a identificare storia civile e storia religiosa. Del resto, non lascia dubbi in merito il fatto che questa fragile scrittura letteraria, di circolazione assai rarefatta, sia stata rappresentata, prima di essere pubblicata, il 15 febbraio 1708 nella sala superiore del Palazzo dell’abate Vincenzo Melazzicon molta soddisfazione e devozione degli ascoltanti”, e che la sua fortuna si sia immediatamente riflessa nella costruzione, nei mesi immediatamente successivi alla sua rappresentazione e a spese di Vincenzo Lazzo, della Cappella dei SS. Martiri in Saggina: proprio su quei luoghi che lo zelo erudito e la fertile inventiva letteraria di Don Pompeo avevano reso teatro di un evento portentoso, destinato a rafforzare nei biscegliesi la fede in Dio e l’amore per la propria terra.

 Antonio Iurilli – Università di Palermo

 

 

Martedì 10 agosto, ore 20,30 , Bisceglie,Palazzuolo (Piazza Vittorio Emanuele)

SACRA RAPPRESENTAZIONE IN PIAZZA DELL’OPERA TEATRALE

“IL VERO TESORO”

Regia di Paolo Todisco

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